La sessuologia è una disciplina scientifica che studia la sessualità umana in tutte le sue dimensioni: biologica, psicologica, relazionale, culturale e sociale. Non si limita alla genitalità, all’atto sessuale o alla funzione riproduttiva, ma comprende l’identità di genere, l’orientamento sessuale, l’erotismo, il piacere, la riproduzione, i ruoli, i miti e i tabù che ancora oggi influenzano il nostro modo di vivere il corpo e il desiderio. Esplora le relazioni affettive e anche i blocchi, i disturbi e le sofferenze che possono emergere nella vita intima.
Contrariamente a quanto si pensa, la sessuologia non è solo “una branca della medicina”: è una scienza interdisciplinare che integra conoscenze provenienti dalla medicina, dalla psicologia, dalla pedagogia, dall’antropologia, dalla sociologia, neuroscienze e dagli studi di genere.
Il suo obiettivo? Aiutare le persone a vivere una sessualità più consapevole, serena e soddisfacente, rispettosa di sé e dell’altro. Può farlo in molti modi: attraverso la terapia sessuale, la consulenza, l’educazione, la prevenzione, la divulgazione, la ricerca scientifica e il lavoro politico e culturale.
In Italia, la sessuologia si diffonde negli anni ’70-’80, in un contesto ancora segnato da forti influenze religiose e culturali, e solo negli ultimi decenni si sta affermando con maggiore riconoscimento scientifico e professionale.
Le origini della sessuologia: una storia di coraggio e rivoluzione
Le radici della sessuologia moderna risalgono alla fine dell’800, con pionieri come Richard von Krafft-Ebing e Havelock Ellis. Ma è nel XX secolo che si afferma come disciplina autonoma, soprattutto grazie al lavoro di Alfred Kinsey, Masters e Johnson e Helen Kaplan, che hanno portato un approccio empirico e clinico allo studio della risposta sessuale, delle disfunzioni e della terapia sessuale.
Uno dei pionieri più importanti è Alfred Kinsey, biologo statunitense che, negli anni ’40 e ’50, condusse i famosi Rapporti Kinsey sulla sessualità maschile e femminile. Le sue ricerche sfidarono le convenzioni morali del tempo e mostrarono, con dati alla mano, quanto fosse ampia e variegata la sessualità umana. Kinsey è considerato da molti il padre della sessuologia moderna. Se vuoi conoscere meglio la sua storia, ti consiglio il film Kinsey (2004), con Liam Neeson.
Negli anni ’60, un’altra tappa fondamentale arriva grazie al lavoro di William Masters e Virginia Johnson una coppia di ricercatori che per primi osservarono scientificamente il funzionamento fisiologico della risposta sessuale umana. La loro ricerca ha rivoluzionato la comprensione del piacere, introducendo il concetto di ciclo della risposta sessuale e fornendo le basi per la futura terapia sessuale. La loro storia è raccontata nella serie Masters of Sex, basata su eventi reali.
A partire dagli anni ’70 e ’80, la sessuologia si arricchisce di contributi provenienti dal femminismo, dagli studi di genere, dal movimento LGBTQIA+ e dalla psicologia umanista. Autori e autrici come Helen Kaplan, John Money, Shere Hite e più recentemente Emily Nagoski e Esther Perel hanno continuato ad ampliare l’approccio, includendo anche la dimensione emotiva, relazionale, sociale e politica del vivere sessuale.
Oggi la sessuologia è una disciplina in continuo sviluppo, che tiene conto non solo della funzione e del comportamento, ma anche del significato soggettivo della sessualità nella vita di ciascuno
Cosa studia la sessuologia e perché è importante
La sessuologia è una disciplina che studia la sessualità umana in tutte le sue dimensioni: biologica, psicologica, relazionale, sociale e culturale. Non si occupa solo di disfunzioni o disturbi, ma anche di desiderio, piacere, identità di genere, orientamento sessuale, sviluppo psicosessuale, relazioni affettive e dinamiche di coppia.
A differenza di altri ambiti clinici, la sessuologia abbraccia una visione integrata e multidisciplinare della persona: ciò significa che un sintomo sessuale non viene mai letto solo come un problema fisico o solo psicologico, ma sempre come il risultato dell’interazione tra corpo, mente, esperienze, educazione, valori culturali e contesto relazionale.
Questa prospettiva è fondamentale per superare i tanti tabù e stereotipi che ancora oggi influenzano la sessualità, spesso vissuta con senso di colpa, vergogna o insicurezza.
Diversi studi mostrano l'importanza dell’educazione sessuale precoce, completa e scientificamente fondata. Per esempio, una ricerca pubblicata sul Journal of Adolescent Health (Santelli et al., 2017) ha dimostrato che i giovani che ricevono un’educazione sessuale inclusiva e basata su evidenze iniziano l’attività sessuale più tardi, con maggiore consapevolezza e con meno comportamenti a rischio.
Non solo: secondo l'UNESCO (2018), i programmi di educazione sessuale completa riducono il numero di gravidanze precoci e infezioni a trasmissione sessuale, migliorano la comunicazione tra pari e aumentano la fiducia nei servizi sanitari.
Eppure, in Italia, l’educazione sessuale non è obbligatoria in nessun ciclo scolastico, a differenza di altri paesi come i Paesi Bassi, la Svezia o il Canada, dove è strutturata sin dalla scuola primaria. Questa assenza crea un enorme vuoto informativo che spesso viene colmato in modo disfunzionale da internet o dal porno.
La sessuologia, quindi, è anche prevenzione: aiuta a costruire un rapporto più sereno, libero e consapevole con il proprio corpo, il proprio piacere e le proprie relazioni. Un diritto, non un lusso.
Cosa fa un sessuologo: ambiti e approcci
La/Il sessuologa(o) è un(a) professionista specializzata(o) che si occupa di promuovere il benessere sessuale delle persone, delle coppie e delle famiglie. Ma attenzione: non esiste un solo tipo di sessuologo, e nemmeno un solo modo di fare sessuologia.
In Italia, il titolo di “sessuologo” non è legalmente riconosciuto come professione autonoma, a sé stante, questo significa che per diventarlo è necessario essere già psicologo, medico o ostetrica, e frequentare successivamente una formazione specialistica post-laurea in sessuologia clinica o educativa.
In altri paesi, però, il panorama è molto diverso. Io vengo dal Messico, dove la sessuologia è riconosciuta come una disciplina autonoma, interdisciplinare e con una storia propria. Non dipende necessariamente né dalla medicina né dalla psicologia, anche se ovviamente dialoga con entrambe. Ci sono percorsi formativi specifici in sessuologia (clinica ed educativa) aperti a diversi tipi di professionisti: insegnanti, assistenti sociali, terapisti, pedagogisti, filosofi o operatori sanitari, che vengono formati per lavorare in modo competente e integrato nell’ambito della sessualità.
Lo stesso accade in molti altri paesi dell’America Latina, come l’Argentina o la Colombia, così come negli Stati Uniti, in Spagna o in Francia, dove esistono scuole, master e diplomi in sessuologia che partono da una visione più ampia e non esclusivamente clinico-medica. Esistono poi approcci integrati, come quelli sistemici, corporei, o basati sulla mindfulness e sul lavoro con il trauma. Il ruolo del sessuologo, infatti, cambia anche in base al contesto culturale e al paese in cui opera.
Sessuologia in Italia
In Italia, la sessuologia è ancora fortemente medicalizzata: molte persone si rivolgono prima al ginecologo, all’andrologo o all’urologo, spesso trascurando le componenti psicologiche e relazionali. In altri paesi, come il Messico o gli Stati Uniti, invece, la sessuologia si è sviluppata come disciplina più ampia e interdisciplinare, con una forte attenzione agli aspetti di genere, identità, piacere e diritti umani.
Un aspetto fondamentale, spesso dimenticato, è il lavoro con le persone con disabilità fisiche, cognitive o sensoriali. La sessualità è una dimensione umana che riguarda tutti, eppure per troppo tempo le persone che vivono con qualche tipo di disabilità sono state escluse da ogni discorso sul piacere, sul desiderio, sull’autonomia affettiva. Il sessuologo può offrire supporto, educazione e accompagnamento anche in questi casi, adattando strumenti e linguaggi, creando spazi di ascolto rispettosi e senza giudizio, e lavorando in rete con famiglie, educatori e altri specialisti.
Il sessuologo, quindi, non si occupa solo di curare/risolvere “problemi sessuali”, ma aiuta a esplorare il proprio modo di vivere la sessualità, a costruire relazioni più autentiche, a superare blocchi, paure o tabù, e ad accogliere la complessità del proprio desiderio, in tutte le sue forme e corpi.
Genere, cultura e intersezionalità: il cuore (politico) della sessuologia
Parlare di sessualità senza parlare di genere, cultura e potere è come raccontare una storia a metà. Perché il modo in cui viviamo il desiderio, il corpo, l’amore e il piacere non nasce nel vuoto: è profondamente influenzato dal contesto in cui cresciamo, dalle aspettative sociali, dalle norme di genere e dalle disuguaglianze che ci attraversano.
La sessuologia moderna, quella che rifiuta di essere neutra o solo tecnica, sa che non può ignorare questi aspetti. Il sesso non è solo “funzione”: è anche identità, relazione, diritti. E per questo, la prospettiva di genere è centrale. Comprendere come i ruoli di genere influenzano la libertà sessuale, l’autodeterminazione, l’accesso al piacere o la capacità di dire “no”, è parte integrante del lavoro sessuologico.
Una donna che ha difficoltà a lasciarsi andare durante il rapporto potrebbe portare con sé anni di educazione repressiva, vergogna del proprio corpo o paura del giudizio. Un uomo che vive ansia da prestazione potrebbe sentire il peso di aspettative su cosa significa “essere virile”. Una persona non binaria potrebbe sperimentare discriminazioni o incomprensioni nel cercare cure mediche o terapie sessuali.
La sessuologia non può rimanere cieca di fronte a queste dinamiche, ecco perché oggi si parla sempre più di intersezionalità, un approccio che tiene conto di come le diverse identità (genere, etnia, orientamento sessuale, abilità, classe sociale…) si intrecciano e generano esperienze uniche di esclusione o privilegio.
Per esempio, non è lo stesso parlare di educazione sessuale con adolescenti cisgender di una scuola privata che con giovani migranti queer o con persone con disabilità cognitiva. Serve ascolto, flessibilità, linguaggio inclusivo e un’attenzione continua a non riprodurre stereotipi o violenze invisibili anche nei contesti terapeutici o educativi.
Lavorare con la sessualità significa anche affrontare i pregiudizi legati al corpo. Il peso, ad esempio, è ancora oggi uno dei principali motivi di discriminazione, anche in ambito medico. La grassofobia non è solo un’opinione estetica: è una forma strutturale di esclusione e violenza simbolica che può influenzare profondamente il modo in cui una persona vive il proprio corpo, il piacere e le relazioni.
Personalmente, non posso non includere questa prospettiva: come professionista che lavora per una sessualità più libera e consapevole, ma anche come donna che ha vissuto sulla propria pelle le conseguenze della discriminazione legata al corpo. La sessuologia deve essere uno spazio che accoglie tutti i corpi, non solo quelli considerati "adeguati".
Un approccio realmente inclusivo è quello che non cerca di “normalizzare” i corpi, ma di comprenderli nella loro pluralità, ascoltarli, e lottare per spazi in cui possano esistere con dignità, piacere e diritto. La sessuologia non può essere neutra. Parla di corpi, relazioni, desideri, storie: tutte dimensioni profondamente intrecciate con la cultura in cui viviamo.
Il lavoro sessuologico, quindi, è anche un lavoro politico: non nel senso partitico, ma nel senso etimologico del termine. È un lavoro che tocca il modo in cui ci organizziamo come società, chi ha accesso al piacere e chi no, chi viene ascoltato e chi zittito, chi può esprimere il proprio desiderio e chi viene punito per farlo.
Conclusione: la sessuologia è una possibilità di libertà
La sessuologia è una scienza che mette al centro la complessità dell’essere umano. In un mondo dove la sessualità è ancora spesso tabù o ridotta a performance, il lavoro del sessuologo restituisce dignità, ascolto e consapevolezza alla dimensione più intima e potente del nostro essere. Oggi più che mai, in un’epoca in cui siamo bombardati da messaggi contraddittori su cosa “dovrebbe” essere la sessualità, la sessuologia ci invita a riconnetterci con ciò che è autentico per noi, a porci domande scomode ma liberatorie, a riappropriarci del nostro diritto di sentire, di scegliere, di esplorare.
Che tu sia unə professionista, unə paziente, o una persona semplicemente curiosa: sappi che questo campo non parla solo di sesso, ma di umanità. Delle storie che ci abitano, delle ferite che ci plasmano, dei desideri che ci attraversano.
La sessuologia serve a questo: a costruire un mondo in cui parlare di piacere non sia un lusso, ma un diritto, in cui tutti i corpi abbiano spazio e in cui l’educazione non sia mai separata dalla libertà. Almeno, questa è la sessuologia per me. È il modo in cui scelgo di abitare questo lavoro, questo corpo, e il mondo.
Alessia Di Bari: Laureata in comunicazione. Master in sessuologia. Dottorato in Sessualità Umanistica. Attivista anti grassofobia, per la diversità corporea e fat acceptance. Speaker TEDx e divulgatrice sessuale.