Revenge porn: riconoscerlo e difendersi dagli abusi online

Scritto da
miosessuologo
11
September
2025

Indice

  1. ¿Che cos'è un piano di formazione?
  2. Obiettivi di un piano di formazione per l'azienda
  3. ¿Perché investire in un piano di formazione?
  4. ¿Come elaborare un piano di formazione?
  5. Esempi di piani di formazione nelle aziende
  6. Esempi di piani di formazione nelle aziende
  7. Esempi di piani di formazione nelle aziende
  8. Esempi di piani di formazione nelle aziende

Con l’espressione revenge porn si indica la diffusione non consensuale di immagini o video intimi, spesso condivisi per vendetta o ricatto. Si tratta di una delle forme più diffuse e gravi di abuso digitale, un fenomeno purtroppo in crescita e che riguarda persone di ogni età, genere e contesto sociale. Da un’indagine internazionale (arXiv, 2025) condotta su oltre 16.000 adulti in 10 Paesi è emerso che 1 persona su 5 ha subito un abuso basato su immagini sessuali (IBSA). La percentuale aumenta se si considerano le persone molto giovani e appartenenti a minoranze LGBTQIA+; un problema reso ancora più grave dal fatto che quasi il 31% delle vittime non ne ha parlato con nessuno.  


Negli ultimi anni, il termine revenge porn è entrato nel linguaggio comune, soprattutto grazie ai casi mediatici e a nuove leggi nate per contrastarlo. Tuttavia, dietro questa definizione si nasconde una realtà molto complessa, che si intreccia con il tema della violenza digitale, con il fenomeno del sexting e con nuove forme di manipolazione come i deepfake.

Comprendere cosa sia il revenge porn e come difendersi è fondamentale non solo per chi rischia di esserne vittima, ma anche per costruire una cultura digitale più rispettosa e consapevole per tutte e per tutti.

Cos’è la pornografia non consensuale e il revenge porn

La pornografia non consensuale riguarda qualsiasi diffusione di immagini o video intimi senza il permesso della persona ritratta. Questo tipo di violazione può avvenire in molti modi: attraverso la condivisione non autorizzata di foto, l’hacking di dispositivi personali o la pubblicazione su piattaforme online.

Il revenge porn è una delle forme più conosciute di pornografia non consensuale, si verifica quando il materiale viene diffuso con l’intento di punire, umiliare o ricattare la vittima, spesso a seguito di una rottura o di un conflitto personale.

In Italia, la legge sul revenge porn introdotta nel 2019 ha stabilito pene severe per chi diffonde o minaccia di diffondere contenuti privati senza autorizzazione.  Ciò che, da una persona, è agito come una “vendetta”, per esempio in seguito a una relazione terminata, è in realtà un vero e proprio abuso digitale volto a esercitare potere, controllo o ricatto psicologico sulla vittima.

Chi subisce pornografia non consensuale si trova spesso in uno stato di forte vulnerabilità: sentimenti come vergogna, senso di colpa o paura del giudizio sociale possono rendere ancora più difficile trovare la forza di denunciare. Per questo, è molto importante essere consapevoli che esistono, da un lato, tutele legali e, dall’altro, professionisti pronti ad ascoltarti e supportarti. Ma ciò che è più importante ricordare è che la colpa non è mai della vittima: chi diffonde materiale senza consenso commette un atto di violenza digitale.

Sexting: tra intimità digitale e possibili rischi

Il sexting è la condivisione volontaria di messaggi, foto o video a contenuto intimo tramite dispositivi digitali. Per molte persone, può rappresentare una forma di espressione della propria sessualità e un modo per mantenere viva l’intimità, soprattutto nelle relazioni a distanza.

Tuttavia, come ogni forma di comunicazione digitale, porta con sé alcuni rischi. Non sempre i contenuti restano privati: possono essere salvati, inoltrati o diffusi senza consenso. In questi casi, ciò che nasce come un atto intimo e consensuale può trasformarsi in un abuso digitale, con conseguenze emotive e relazionali molto pesanti.

Il punto non è demonizzare il sexting, ma promuovere un’educazione digitale e psicoaffettiva che aiuti a riflettere prima di condividere contenuti intimi e a riconoscere i segnali di un possibile pericolo. La consapevolezza, in questo senso, diventa una forma di prevenzione contro la violenza digitale.

Deepfake e sextortion: l’evoluzione dell’abuso digitale

La sextortion non è un fenomeno nuovo o recente, purtroppo i ricatti basati su immagini o informazioni intime esistono da decenni, quello che è cambiato negli ultimi anni è il mezzo attraverso cui questi abusi si diffondono. Grazie a internet, social network e app di messaggistica, la sextortion è diventata più rapida, invisibile e difficile da contrastare.

I deepfake rappresentano un’ulteriore evoluzione, si tratta di immagini o video manipolati con l’intelligenza artificiale, che possono sovrapporre il volto di una persona a contenuti sessuali, anche se non ha mai scattato foto intime. Insieme alla sextortion, i deepfake amplificano il rischio di abuso digitale, rendendo la tutela della propria privacy ancora più complessa.

Conoscere queste forme di abuso e le loro dinamiche è fondamentale: non solo per proteggersi, ma anche per comprendere che si tratta di fenomeni complessi, le cui dinamiche vanno comprese affinché non si ripetano: coloro che lo agiscono devono assumersi le proprie responsabilità, le vittime meritano ascolto, supporto e tutela.

Chi sono le vittime di sextortion e revenge porn?

Quando si parla di condivisione non consensuale di materiale intimo, l’immaginario collettivo porta a pensare a vittime prevalentemente femminili. Tuttavia, i dati emersi dal Report 2025 di PermessoNegato, un’associazione che offre supporto alle vittime di revenge porn e di altre forme di violenza online, raccontano una realtà diversa: nel caso specifico della sextortion, la maggioranza delle persone colpite è composta da uomini. Su 1.086 casi analizzati tra il 2020 e il 2024, ben 942 riguardano uomini e solo 144 donne. Questo dato rappresenta una netta inversione rispetto ad altre forme di violenza digitale, come revenge porn, dove invece le donne costituiscono la quasi totalità delle vittime.

Un altro aspetto significativo è la trasversalità del fenomeno: non esiste un unico profilo anagrafico o sociale. Le vittime hanno età comprese tra i 18 e i 75 anni, provengono da contesti culturali e geografici differenti e presentano livelli molto diversi di competenza digitale. Alcuni conoscono bene i social network e le piattaforme online, altri ne fanno un uso più limitato o sporadico. Anche la condizione relazionale non è un fattore discriminante: tra le persone colpite ci sono single, coniugati, conviventi, eterosessuali e LGBTQ+.

Questa eterogeneità dimostra che la sextortion non riguarda una nicchia ristretta, ma rappresenta una minaccia concreta e trasversale, che può colpire chiunque utilizzi internet e social media, indipendentemente da genere, età o livello di esperienza digitale.

Come riconoscerlo e tutelarsi dall’abuso online

Difendersi dal revenge porn e dalle forme di violenza digitale richiede una combinazione di strumenti legali, tecnologici e psicologici.

  • Riconoscere i segnali: se qualcuno minaccia di condividere contenuti intimi o fa pressioni per ottenerli, si tratta di un campanello d’allarme.
  • Agire subito: in caso di diffusione non consensuale, è importante raccogliere prove (screenshot, link, chat) e rivolgersi immediatamente alle autorità.
  • Conoscere i propri diritti: la legge italiana tutela le vittime di revenge porn, prevedendo pene severe per chi compie o minaccia l’abuso.
  • Chiedere supporto: affrontare un’esperienza di questo tipo è doloroso e può lasciare profonde ferite emotive. Una consulenza psicologica aiuta a gestire ansia, vergogna e senso di colpa, mentre il sostegno legale fornisce strumenti concreti per agire.
  • Prevenire: pur non essendo mai la vittima a doversi sentire colpevole, riflettere sulla gestione dei contenuti intimi, sulla sicurezza dei dispositivi e sulla fiducia nelle persone a cui ci si affida può ridurre i rischi.

È fondamentale promuovere la cultura del consenso: nelle relazioni intime e nella sessualità, ogni persona deve acconsentire liberamente a qualsiasi atto o interazione intima. Il consenso deve essere continuo, può essere ritirato in qualsiasi momento e, in altre parole, deve essere sempre volontario, attivo e consapevole.

Conclusione

Il revenge porn va oltre la violazione della privacy: è una forma di abuso digitale che può avere effetti profondi sulla vita emotiva, sulle relazioni e sulla reputazione di chi ne è vittima. Riconoscere le diverse sfaccettature del fenomeno, dalla pornografia non consensuale al sexting, fino a deepfake e sextortion, è il primo passo per difendersi e creare consapevolezza collettiva.

Se stai vivendo una situazione di questo tipo o temi di poter essere a rischio, non affrontarla da solo: parlarne con un professionista specializzato in sessuologia o in ambito legale può offrirti il sostegno necessario per uscire dal silenzio e tutelarti. Solo attraverso informazione, prevenzione e supporto possiamo contrastare la violenza digitale e costruire uno spazio online più sicuro e rispettoso.