Il quiet quitting è un concetto nato nel mondo del lavoro per indicare chi, pur mantenendo il proprio ruolo, smette di impegnarsi davvero, limitandosi a fare il minimo indispensabile. Ma oggi questo termine si applica anche alla sfera affettiva, descrivendo un fenomeno sempre più diffuso: il quiet quitting relazionale. Accade quando resti in una relazione ma hai già smesso di crederci, di nutrirla, di investirci davvero, fisicamente sei presente, ma emotivamente non ci sei più. Non ci sono litigi clamorosi né rotture evidenti, solo un progressivo svuotamento. Secondo il modello della “relazione vuota” di Sternberg (1986), la mancanza di intimità e passione, con il solo impegno residuo, crea relazioni stabili ma disconnesse.
Il quiet quitting relazionale non è sempre una scelta consapevole, ma spesso un adattamento difensivo: una forma di presenza svuotata, in cui l'investimento affettivo si riduce per proteggersi dal dolore, dalla delusione o dalla fatica del cambiamento.
Esploriamo cosa significa vivere un quiet quitting emotivo, quali sono i segnali interiori di questa rinuncia silenziosa, perché è così difficile prendere una decisione, e come affrontare tutto questo con consapevolezza, rispetto e autenticità.
Cos’è il quiet quitting e perché riguarda anche le relazioni
Il termine quiet quitting nasce per descrivere un approccio minimalista al lavoro: si fa ciò che è richiesto, nulla di più. Quando questo atteggiamento si riflette nelle relazioni, si parla di quiet quitting relazionale, una condizione in cui si rimane nella coppia, ma senza più esserci davvero.
La relazione va avanti per inerzia, tra abitudini e ruoli, ma non c’è più presenza emotiva, è la fine della motivazione affettiva, la perdita di quel desiderio di costruire, condividere, crescere insieme. Il quiet quitting relazionale non è una scelta esplicita, ma un processo graduale, un allontanamento che spesso parte da dentro, senza che nemmeno ce ne rendiamo conto. Restiamo perché sembra più semplice, ma dentro ci stiamo già preparando a lasciare.
Segnali del quiet quitting emotivo
Secondo il modello dell'investimento relazionale (Rusbult, 1980), la soddisfazione, gli investimenti fatti nella relazione e le alternative percepite influenzano il nostro impegno. Quando cala uno di questi tre elementi, il coinvolgimento emotivo può diminuire gradualmente
Riconoscere i segnali del quiet quitting e la crisi silenziosa nelle relazioni non è semplice, perché spesso si tratta di sensazioni sfumate, piccoli cambiamenti che si accumulano nel tempo. Inizi a non avere più voglia di parlare, le conversazioni si svuotano, diventano meccaniche, eviti i conflitti non per quiete, ma per mancanza di energia. È come se ti stessi scollegando, un po’ alla volta. Fai solo il necessario per tenere tutto in piedi, ma smetti di impegnarti senza dirtelo.
Non riesci più a immaginare un futuro insieme, ma allo stesso tempo, non trovi la forza di chiudere, rimandi, giustifichi, ti racconti che è solo un periodo. Intanto, il distacco emotivo nella coppia cresce. Tutto si riduce a doveri, convivenza, gestione quotidiana. Ma manca l’anima e manca il senso. E questa crisi silenziosa nella relazione può logorare profondamente, anche se nessuno dei due ne parla apertamente.
Secondo Pines (1996), si parla di relational burnout, uno stato di esaurimento emotivo può portare al ritiro psicologico e al distacco cronico dal partner.
Perché restiamo anche quando dentro abbiamo già lasciato
Restare in una relazione in cui si vive un quiet quitting non è segno di debolezza, ma spesso è il frutto di emozioni complesse, a volte contrastanti. La crisi silenziosa nelle relazioni è infatti caratterizzata dalla paura del cambiamento, della solitudine, del vuoto che potrebbe arrivare. Restare può sembrare più sicuro che affrontare l’incertezza del cambiamento. Studi mostrano che molte persone restano in relazioni insoddisfacenti a causa della paura delle conseguenze pratiche (figli, casa, reputazione), della dipendenza economica o dell’idealizzazione del sacrificio amoroso, specialmente nelle donne (Surra & Hughes, 1997). E poi c’è la speranza che l’altra persona capisca, che qualcosa cambi, che si torni a sentire. Anche se, nel profondo, si è già rinunciato.
Nel quiet quitting relazionale, si resta fisicamente ma emotivamente si è altrove. È una zona grigia, dove molte persone si convincono che soffrire in silenzio sia un modo di amare, ma è spesso solo un modo di evitare il confronto dove ogni giorno somiglia al precedente, dove si sopravvive piuttosto che scegliere. Il dolore di restare, però, spesso è più profondo di quello che immaginiamo nel lasciare. E finché non lo riconosciamo, continuiamo a vivere in una crisi silenziosa nella relazione, in cui nessuno è davvero felice.
Come affrontare il quiet quitting in una relazione
Affrontare il quiet quitting significa prima di tutto riconoscerlo. Fermarsi e ascoltarsi davvero: Mi sento ancora presente in questa relazione? Sono qui perché lo desidero o perché temo l’alternativa?
Dare un nome al proprio disagio è il primo passo per uscirne. Non è necessario avere risposte pronte, ma è fondamentale essere sinceri con sé stessi e sé stesse.
Parlare con l’altra persona può sembrare difficile, ma è spesso l’unica via per capire dove si è, insieme, anche solo dire “mi sento lontano o lontana” può aprire uno spazio nuovo. Il riconoscimento delle emozioni primarie (es. tristezza, frustrazione, solitudine) è fondamentale per riattivare il legame. La terapia focalizzata sulle emozioni (EFT) sottolinea che solo quando si accede a questi vissuti si può interrompere il ciclo del distacco emotivo.
Non sempre si arriva alla separazione, a volte, parlare può risvegliare energie sopite, creare nuove possibilità. Altre volte, si capisce che la strada finisce lì. In ogni caso, affrontare il quiet quitting relazionale è un atto di cura, non solo verso la coppia, ma verso di sé. Significa smettere di resistere e iniziare a scegliere, ridare valore al proprio tempo, alle proprie emozioni, alla propria autenticità.
Quando è utile il supporto psicologico
Quando si vive una fase di quiet quitting relazionale, o una crisi silenziosa nelle relazioni, spesso ci si sente confusi, stanchi, incapaci di decidere. Le emozioni sembrano mescolate: un giorno rabbia, un giorno indifferenza, un altro nostalgia. Un percorso psicologico può aiutarti a fare chiarezza e a distinguere tra burnout relazionale vs disamore. Questa distinzione è clinicamente rilevante: lo stato di esaurimento emotivo dovuto a stress relazionale cronico può mimare il disamore, ma è reversibile con consapevolezza e intervento (Whisman et al., 2016).
Un professionista ti può accompagnare in questo percorso di consapevolezza, aiutandoti a capire cosa vuoi davvero e come agire in modo lucido e rispettoso. Anche in coppia, la terapia può essere uno spazio sicuro dove riaprire il dialogo, dire ciò che da tempo è taciuto, cercare insieme una direzione. Non un segno di è debolezza, ma un gesto di responsabilità: verso il proprio benessere, la propria autenticità, e il diritto di vivere relazioni piene e sincere.
Conclusione
Il quiet quitting relazionale è una dinamica che può diventare molto faticosa da sostenere, sia per chi la vive in prima persona sia per chi si trova accanto a una persona che si è già emotivamente allontanata.
Restare in una relazione senza più crederci davvero non è una soluzione neutra: col tempo, logora, confonde e fa soffrire. Riconoscere che qualcosa si è spento è difficile, ma necessario, è il primo passo per decidere con maggiore consapevolezza se provare a riattivare la connessione oppure se è più sano prendere strade diverse.
Gli studi sul “decisional ambivalence” in ambito relazionale (Berg et al., 2017) mostrano come molte persone si trovino in una zona grigia in cui coesistono amore, insoddisfazione e paura del cambiamento, dare voce a questa ambivalenza, senza giudicarsi, può essere liberatorio.
Il quiet quitting emotivo non va ignorato né normalizzato: ogni persona merita di vivere relazioni in cui sentirsi vista, ascoltata e coinvolta davvero. Anche quando è faticoso, affrontare ciò che non funziona può aprire nuove possibilità, dentro o fuori dalla coppia.
Bibliografia: Rusbult, C. E. (1980). Commitment and satisfaction in romantic associations: A test of the investment model.Journal of Experimental Social Psychology, 16(2), 172–186. | Pines, A. M. (1996). Romantic jealousy: Causes, symptoms, cures. Routledge.| Surra, C. A., & Hughes, D. K. (1997). Commitment processes in accounts of the development of premarital relationships. Journal of Marriage and the Family, 59(1), 5–21.
Rathgeber, M., Bömke, C., Fuchs, A., & Schweitzer, J. (2019). The efficacy of emotionally focused couples therapy and behavioral couples therapy: A meta‐analytic study. Journal of Marital and Family Therapy, 45(3), 447–463. | Whisman, M. A., Sbarra, D. A., & Beach, S. R. H. (2016). Intimate relationships and depression: Searching for causation in the sea of association. Annual Review of Clinical Psychology, 12, 409–436.