Chiunque abbia un’età compresa fra i 20 e 40 anni, probabilmente ha avuto l’occasione di partecipare, almeno una volta nella vita, a momenti conviviali carichi di digressioni generazionali e confronti scontati sulle capacità di un tempo e fallimenti di oggi. “Ai nostri tempi le relazioni duravano di più, ora divorziano tutti e le coppie non si sposano neanche” ne è un tipico esempio. Sembrano discorsi da bar, tirati fuori un po’ così, per sentito dire o per parlare senza grande cognizione di causa, giusto per screditare le nuove generazioni mettendole dinanzi al decadimento progressivo. Forse però, prima di derubricarla come una frase poco attenta e priva di empatia, possiamo chiederci se ci sia un fondo di verità e quale eventualmente sia. Anche i dati Istat, ad esempio, riportano la presenza sempre più marcata di single e di coppie non sposate ed effettivamente, guardandosi anche banalmente attorno, si evince quanto le relazioni oggi facciano sempre più fatica a reggere agli urti della vita. Ma perché? Perché costruire legami duraturi risulta sempre più complesso? Ed è effettivamente vero che esiste una discrepanza fra passato e presente?
L’importanza delle relazioni
Partiamo da un’ovvietà: la presenza delle relazioni è fondamentale nell’esistenza dell’individuo. Queste, infatti, consentono di sperimentare in larga parte gli affetti, ma anche una forma di validazione, condivisione, cooperazione, vicinanza e attrazione nei confronti dell’altra persona. Permettono di fantasticare una progettualità futura eventuale, sentirsi parte di un sistema di intimità a tutto tondo e accettazione. Insomma, sotto qualsiasi punto di vista, le relazioni costituiscono una parte fondamentale della nostra esistenza e nutrono grandi aspetti personali di noi. Tuttavia, portarle avanti, far conciliare incombenze quotidiane, ambizioni personali, elementi individualistici, lasciarsi andare a un legame profondo, avere uno spazio mentale rivolto verso l’altro, non è sempre semplice e talvolta comporta rotture senza riparazioni.
Cos’è un legame?
Secondo uno studio (Bader e Pearson, 1988), l’amore romantico segue delle fasi abbastanza precise. In un primo momento assistiamo al rapporto simbiotico, volto a creare una base solida, che pone in essere una relazione fusionale e un’idealizzazione verso l’altro; a seguire, troviamo una differenziazione, in cui prevale la gestione delle differenze individuali, la possibilità di confini all’interno della coppia e la caduta del rapporto simbiotico precedentemente stabilito; da qui, si apre una finestra di sperimentazione della propria autonomia e della piena espressione di sé come individui all’interno della coppia; la fase del riavvicinamento, successiva, postula un equilibrio connesso a una forte intimità e tolleranza, convogliando nella fase finale dell’interdipendenza, pensata come l’assetto di un amore maturo e duraturo, rispetto verso l’altro e accettazione a seguito di una conoscenza reciproca. È chiaro, dunque, come una relazione abbia bisogno di passare da momenti abbastanza precisi che mettano la coppia nelle condizioni di sperimentare la possibilità di unione e separazione, senza distruzione di sé o dell’altra persona.
Le relazioni, infatti, sono legami e i legami comportano il mettere insieme esigenze bidirezionali con quelle più individuali. In ogni rapporto sano, l’equilibrio non può essere fusionale, per cui è importante che vi sia una separazione io-tu affinché i bisogni, le esigenze, i desideri personali e dunque un certo grado di individualità non vengano schiacciati dalla presenza dell’altro. Qualcosa per cui i componenti della coppia non coincidano del tutto e per tale ragione è di primaria importanza che non si generi un effetto di soffocamento della propria espressione. Allo stesso tempo, però, la coppia non può essere schiacciata da dinamiche esclusivamente individuali, dove la priorità ricade solo sul singolo.
Legami di ieri, legami di oggi
Essere in relazione significa poter stare, nel senso di vivere, la costruzione quotidiana che avviene passo passo, che implica una messa in gioco totale. E questo, certamente, non è affare semplice. Il legame comporta in parte un sacrificio (non si tratta di qualcosa di deleterio o patologico in questo senso), costanza, difficoltà, imparare ad accogliere l’altro e anche parti di noi inaccettabili.
Le relazioni di un tempo avevano un legame intrinseco con alcuni bisogni societari, esattamente come avviene oggi. Mentre negli ultimi anni si sente parlare sempre più di dinamiche narcisistiche, che favoriscono il fiorire di un’incapacità di vedere e tenere nella mente le esigenze altrui, un tempo le dinamiche relazionali erano forzate da aspetti che vertevano su credenze e necessità societarie differenti. Pensiamo al cambiamento del ruolo della donna – ancora in essere – per cui anni addietro era subordinato al solo potere maschile. In tal senso, rimanere in un legame significava anche garantirsi un certo grado di sicurezza sociale ed economica. Per non parlare anche delle coppie omosessuali, in cui i legami erano ostacolati da un pensiero comune ghettizzante per cui vivere un amore rivolto a soggetti dello stesso sesso diventava impossibile, generando assetti di legami molto complessi. Pertanto, il bacino societario in cui siamo inseriti, la cultura di riferimento, hanno avuto e continuano ad assumere un notevole impatto rispetto anche alla natura delle relazioni e della loro durata o difficoltà nell’essere portate avanti.
Quindi, cosa accade?
Oggi, l’aspetto societario ha un ruolo nei termini di una maggior presenza di bisogni legati a un proprio individualismo, in cui veniamo bombardati da slogan che riportano l’importanza di farcela e possibilmente anche in un certo modo. Tali slogan, però, non sono gli unici elementi che costituiscono le basi di un relazionale deficitario. Pensiamo anche alle difficoltà a cui andremo sempre più incontro, se riflettiamo ad esempio al bisogno genitoriale di oggi di trattare i propri figli come se fossero dentro a una bolla intoccabile, poco esposti alle frustrazioni, alle negazioni del mondo, più tutelati, considerati delle macchine da guerra programmate per imparare più lingue possibili, fare sport a tutte le ore ed essere estremamente performanti.
Gran parte dei legami di oggi si basano su un fattore di soddisfazione immediata (che si applica un po’ a tutti gli elementi di vita attuali, dal lavoro al denaro, per esempio), per cui i primi anni il sistema di ricompensa è talmente importante e alto che possiamo proseguire nell’unione. Quando poi il legame inizia a divenire un ostacolo, allora l’unica cosa che rimane da fare è spezzarlo. Stare nell’angoscia di un sistema di trasformazione, stare a contatto con il cambiamento, con i bisogni, con l’ascolto e la comunicazione propria e altrui, diventa qualcosa di troppo faticoso e sofferente e l’unica via di uscita è la chiusura.
Per cui, non diventa tanto importante chiederci se un tempo le relazioni fossero migliori o peggiori, più salde o meno, trasformando la riflessione in una lotta generazionale che non tiene conto di fattori esterni e di un cambiamento in atto. Forse, la domanda che ci dobbiamo porre è quanto siamo disposti ancora a rinunciare per la costruzione di un legame solido e duraturo, quanto siamo disposti a rischiare, a stare a contatto con la sofferenza che tutto questo può portare, quanto sia importante sentirci parte di un sistema che ci faccia sentire capiti, a fermarci, prendere tempo per edificare, dare spazio a necessità che non siano solo individuali, ad accogliere. Una domanda che richiama aspetti di noi molto intimi, si aggancia alla nostra storia e segue un processo, ma che probabilmente diventa ancora più indispensabile in un tempo di distruzione.