Hai mai avuto la sensazione di dover fare di tutto per non essere lasciata o lasciato? Ti capita di vivere ogni piccolo distacco con ansia, o di sentirti in colpa se l’altra persona sembra meno coinvolta?
La sindrome dell’abbandono è una ferita emotiva profonda che si manifesta con un bisogno costante di conferme, paura della solitudine, e ipersensibilità ai segnali di distacco, anche minimi. Non si tratta di “esagerare con le richieste affettive”: quello che una persona vive ha spesso radici psicologiche e affettive profonde, legate allo stile di attaccamento e alle modalità con cui ha imparato a relazionarsi fin dall’infanzia.
Questa dinamica non è un semplice bisogno d’amore, ma può diventare un meccanismo interiore che alimenta forme di dipendenza affettiva. Vediamo insieme che cos’è la sindrome dell’abbandono, quali sono i segnali da riconoscere e come iniziare un percorso per uscirne.
Cos’è la sindrome dell’abbandono?
La sindrome dell’abbandono è una condizione in cui la persona sperimenta un’ansia intensa e persistente al pensiero di essere lasciata o esclusa, anche quando non vi sono motivi concreti. È spesso correlata a uno stile di attaccamento ansioso o disorganizzato, secondo la teoria dell’attaccamento di Bowlby (1988).
Chi ne soffre può attivare comportamenti ipercoinvolti, di controllo o compiacenti per tenere vicino l’altro a tutti i costi, mettendo in secondo piano i propri bisogni pur di “non essere lasciatə”.
Uno studio pubblicato sul Journal of Social and Personal Relationships (2017) ha evidenziato che persone con alta ansia di abbandono tendono a interpretare in modo negativo comportamenti neutri del partner, generando incomprensioni e sofferenze relazionali.
I segnali della sindrome dell’abbandono
I segnali della sindrome dell’abbandono possono manifestarsi in modo sottile o molto evidente. Alcuni segnali ricorrenti includono:
- Paura intensa del rifiuto o della separazione, anche temporanea
- Richiesta costante di rassicurazioni
- Difficoltà a tollerare il silenzio o l’autonomia dell’altro
- Pensieri catastrofici (“mi lascerà”, “non sono abbastanza”)
- Autosvalutazione continua e sensazione di essere sempre “troppo” o “non abbastanza”
Chi soffre della paura dell’abbandono prova un bisogno continuo di affetto, espresso con richieste di attenzioni costanti, necessità di sentirsi cercati e valorizzati. Quando l’altra persona si prende uno spazio personale o mostra meno coinvolgimento, possono scatenarsi forti reazioni emotive, come rabbia, tristezza o sensazione di rifiuto. Questo alimenta un ciclo in cui si cerca ancora più conferme, aggravando l’insicurezza relazionale.
Molto spesso, questi comportamenti non sono percepiti come disfunzionali da chi li vive, perché sono legati a un profondo bisogno di sicurezza emotiva.
Da dove nasce questa paura?
La paura dell’abbandono ha spesso radici profonde, legate a esperienze vissute nell’infanzia o in relazioni precedenti. Le origini possono risalire a esperienze precoci come:
- Cure incoerenti o assenti da parte dei genitori o figure di riferimento
- Abbandoni reali (lutti, separazioni, distacchi improvvisi)
- Ambienti critici o invalidanti, dove l’affetto era condizionato dalla performance o dal comportamento
Anche una bassa autostima può contribuire: quando non ci si sente degni d’amore, si teme che chi ci ama possa accorgersi dei nostri “difetti” e andarsene. Frasi interiori come “se mi conosce davvero, mi lascerà” diventano convinzioni che minano la stabilità emotiva. Questo terreno fertile può sfociare nella sindrome dell’abbandono, con tutte le sue conseguenze relazionali.
Secondo una revisione sistematica del 2020 (Frontiers in Psychology), l’instabilità delle figure di attaccamento nella prima infanzia è un fattore chiave di vulnerabilità emotiva e difficoltà relazionali in età adulta.
Impatto sulle relazioni
La sindrome dell’abbandono può compromettere la qualità delle relazioni affettive. La difficoltà a fidarsi pienamente dell’altrə, la costante tensione emotiva e la ricerca di rassicurazioni possono generare incomprensioni e conflitti.
Quando la sindrome dell’abbandono è attiva, può instaurarsi un ciclo disfunzionale:
- Sospetto o ansia anticipatoria
- Comportamenti di controllo o dipendenza
- Reazioni eccessive a ogni segnale di distacco
- Conflitti o chiusure emotive da parte del partner
- Conferma (distorta) della propria inadeguatezza
- Riproposizione dello schema in nuove relazioni
Questo ciclo logora il legame, alimenta l’insicurezza relazionale e può sfociare in dipendenza affettiva, autosabotaggio o legami instabili e dolorosi. L’insicurezza relazionale diventa il filo conduttore delle interazioni, impedendo di vivere l’amore con serenità e autenticità.
Come affrontare la sindrome dell’abbandono
Affrontare la sindrome dell’abbandono richiede consapevolezza, tempo e, spesso, il supporto di un professionista. Il primo passo è riconoscere che la fonte del disagio non è sempre l’altra persona, ma un meccanismo interiore che si attiva in risposta alla paura.
Alcuni passaggi utili includono:
- Riconoscere gli schemi relazionali ricorrenti, senza giudizio
- Lavorare sulla propria autostima e autovalidazione
- Coltivare relazioni sicure e comunicazione aperta
- Stabilire confini sani, anche nelle relazioni affettive
- Chiedere supporto terapeutico, soprattutto se la sofferenza è ricorrente o paralizzante
È fondamentale lavorare sulla propria autonomia emotiva, imparando a costruire spazi di sicurezza dentro di sé. Questo non significa chiudersi, ma rafforzare il senso di sé per non dipendere dall’approvazione esterna. In questo percorso, la psicoterapia può offrire strumenti preziosi per guarire la ferita del passato e coltivare relazioni più sane, basate sulla fiducia e non sul bisogno.
L’approccio della Schema Therapy o della Terapia dell’attaccamento può essere particolarmente efficace per questo tipo di ferita relazionale. Uscire dalla sindrome dell’abbandono non significa “non avere più bisogno di nessuno”, ma imparare a costruire una sicurezza interna più solida.
Conclusione
Vivere con la sindrome dell’abbandono non è una scelta, ma il risultato di esperienze che hanno lasciato una traccia, ma non sei destinatə a ripetere gli stessi schemi per sempre.
Guarire è possibile, non per diventare invulnerabili, ma per potersi avvicinare all’altro senza perdersi. Perché l’amore non si conquista con la fatica, si costruisce da dentro. Non nasce dalla paura, ma dalla libertà di essere sé stesse e sé stessi.
Se la paura dell’abbandono ti fa stare male, parlarne con un professionista può aiutarti a comprendere le tue emozioni e a costruire relazioni più serene, in uno spazio sicuro, accogliente e senza giudizio.
Alessia Di Bari: Laureata in comunicazione. Master in sessuologia. Dottorato in Sessualità Umanistica. Attivista anti grassofobia, per la diversità corporea e fat acceptance. Speaker TEDx e divulgatrice sessuale.
Bibliografía: Bowlby, J. (1988). A Secure Base: Parent-Child Attachment and Healthy Human Development. Basic Books. | Mikulincer, M., & Shaver, P. R. (2007). Attachment in Adulthood: Structure, Dynamics, and Change. Guilford Press. | Mallinckrodt, B., & Wei, M. (2005). Attachment, social competencies, social support, and psychological distress. Journal of Counseling Psychology, 52(3), 358 - 367.
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