Succede più spesso di quanto si pensi: si parte da un amore travolgente, fatto di sguardi complici, desiderio, promesse e sogni condivisi, poi, quasi senza accorgersene, ci si ritrova un giorno a chiedersi dove siano finiti quei sentimenti. Disinnamorarsi può essere un processo lento, silenzioso, impercettibile, che si insinua tra le pieghe della quotidianità, oppure può arrivare all’improvviso, come uno strappo inatteso che lascia spaesati.
Le emozioni che emergono sono spesso complesse e contraddittorie: confusione, tristezza, rabbia, senso di colpa. Molte persone restano nella relazione anche quando sentono che qualcosa si è rotto, sperando che “passi”, che torni com’era all’inizio. Altre si raccontano che “va tutto bene”, pur sapendo dentro di sé che qualcosa non torna. Secondo la psicologa Harriet Lerner (1997), ignorare questi segnali interiori può portare a forme di auto-inganno emotivo, che peggiorano la sofferenza.
È importante ricordare che disinnamorarsi non significa necessariamente smettere di amare. A volte è solo l’inizio di una trasformazione: un passaggio da un amore idealizzato a una forma più reale o diversa di legame. Altre volte, è il sintomo che quel legame non ci rispecchia più. Come suggerisce Esther Perel (2017), le relazioni evolvono nel tempo, e per restare vive richiedono ascolto, verità e consapevolezza. Quando questi ingredienti mancano, può nascere un senso di distanza crescente.
Riconoscere cosa significa disinnamorarsi, comprendere perché ci si disinnamora e accettare quando l’amore finisce, ci permette di affrontare con più consapevolezza e rispetto anche i passaggi più delicati della vita affettiva. Perché se è vero che non tutti gli amori durano per sempre, è altrettanto vero che ogni amore ci insegna qualcosa; anche quando finisce.
Cosa significa disinnamorarsi?
Disinnamorarsi non è solo “non sentire più le farfalle nello stomaco”, è qualcosa di più profondo e sfaccettato. Significa perdere, gradualmente o bruscamente, la connessione emotiva con l’altra persona. Non è odio, non è rabbia: è uno scivolamento silenzioso verso l’indifferenza o il distacco. Un giorno ti accorgi che ciò che prima ti emozionava ora ti lascia neutro. Che il desiderio si è spento. Che non ti manca più l’altro, nemmeno nei silenzi.
Secondo il modello triangolare dell’amore di Sternberg (1986), l’amore si compone di tre dimensioni: intimità, passione e impegno. Quando una o più di queste componenti vengono meno, la qualità del legame cambia, a volte fino a trasformarsi in una semplice coabitazione emotiva.
Disinnamorarsi può generare un senso di colpa, soprattutto quando ci si sente “in debito” con l’altro o si ha paura di ferirlo. Questo accade spesso nelle relazioni lunghe o stabili, dove l’abitudine viene scambiata per amore, e dove l’affetto può camuffare la mancanza di passione o connessione autentica.
Ma cambiare è parte del vivere, le emozioni non sono statiche, e riconoscere che qualcosa è cambiato non ci rende persone peggiori: ci rende umani. Come ricorda Brené Brown (2012), la vulnerabilità di riconoscere la fine di un sentimento è uno degli atti più coraggiosi che possiamo fare.
Disinnamorarsi non è un tradimento, è un segnale. E ascoltarlo, anziché ignorarlo, può diventare l’inizio di un percorso più onesto, con noi stessi e con chi abbiamo accanto.
Perché ci si disinnamora?
Le ragioni per cui ci si disinnamora sono tante e raramente lineari, a volte succede lentamente, quasi impercettibilmente, altre volte arriva come un terremoto emotivo, che cambia tutto in un istante. Ma dietro ogni disinnamoramento c’è un processo più o meno consapevole di trasformazione.
Una delle cause principali è l’evoluzione individuale. Le persone cambiano: i bisogni, i valori, i desideri si modificano nel tempo. Una relazione che ci faceva bene in una fase della vita può smettere di farlo in un’altra. Secondo Esther Perel (2017), una delle sfide più grandi nelle relazioni a lungo termine è: “riconoscere l’altro come una persona in continuo cambiamento, e scegliere di amarlo ogni giorno, non per abitudine, ma per volontà”.
Altre volte il disinnamoramento nasce da delusioni non elaborate, da ferite che si accumulano e non trovano spazio per essere guarite. Quando si smette di comunicare in modo autentico, quando si preferisce il silenzio al confronto o si evitano conversazioni difficili per paura di destabilizzare la relazione, si crea una distanza emotiva che può diventare abissale.
Anche la sessualità può essere uno specchio potente: la perdita di desiderio o la disconnessione durante l’intimità possono segnalare un allontanamento profondo. Studi come quello di Levine (2003) mostrano che la soddisfazione sessuale è fortemente correlata alla percezione di vicinanza emotiva nella coppia.
Infine, ci si disinnamora anche quando si resta troppo a lungo in relazioni che non rispecchiano più i nostri valori o priorità. Continuare a “funzionare insieme” non significa necessariamente amarsi, e accettare che l’amore finisca, anche se fa male, è spesso l’atto più sano che possiamo compiere.
Sintomi del disinnamoramento
Il disinnamoramento raramente arriva tutto d’un colpo, si insinua lentamente nella quotidianità, lasciando tracce sottili ma persistenti. Tra i primi segnali, c’è una sensazione crescente di distanza emotiva. Nonostante si continui a condividere lo stesso spazio, ci si sente lontani, estranei. Le conversazioni si riducono ai minimi termini o si fanno meccaniche, quasi da coinquilini più che da partner.
Il desiderio sessuale può affievolirsi o scomparire del tutto, e non solo per ragioni fisiche: spesso riflette un calo dell’interesse, dell’attrazione emotiva o di quella “connessione invisibile” che prima rendeva anche il contatto più semplice, caldo, cercato.
Emergono poi piccoli fastidi quotidiani: il modo di parlare dell’altro, i suoi gesti abituali, ciò che prima veniva percepito come tenero o unico, può iniziare a risultare irritante o indifferente. Alcune persone descrivono questo stato come una sorta di “assenza in presenza”: il corpo è lì, ma il cuore è altrove.
Un altro sintomo ricorrente è la difficoltà a immaginare un futuro comune. Si inizia a fantasticare su una vita diversa, a desiderare spazi propri, a sentire che stare soli, anche solo per un momento, è quasi un sollievo.
Secondo lo psicologo John Gottman, uno dei segnali predittivi più forti della rottura di una relazione è la presenza del disprezzo o dell’indifferenza: quando non ci si arrabbia più nemmeno, ma si smette di investire energie emotive. È qui che il disinnamoramento si fa più evidente, anche se spesso si preferisce non guardarlo in faccia.
Quando il corpo parla: la sessualità come termometro del legame
"La sessualità è spesso lo specchio più sincero dello stato emotivo della relazione". Oggi sappiamo che non sempre è così, la sessualità può certamente riflettere un cambiamento nel legame, ma non va letta automaticamente come un “termometro” dell’amore. In alcune coppie, il desiderio si affievolisce o scompare del tutto, senza che ciò implichi una mancanza di affetto o di connessione. Sono le cosiddette relazioni bianche, in cui la sessualità è assente ma la relazione resta solida e significativa. Uno studio di Brody e Costa (2009) ha evidenziato che molte persone in relazioni stabili e felici riportano un calo del desiderio nel tempo, senza che questo comprometta la soddisfazione relazionale globale.
Al contrario, altre ricerche mostrano che una maggiore sicurezza e prevedibilità nella coppia può ridurre l’eccitazione sessuale, soprattutto nelle donne (Perel, 2006). Come spiega la terapeuta e autrice Esther Perel, “l’intimità crescente non sempre favorisce il desiderio, perché ciò che alimenta l’eros è spesso l’alterità, la distanza, il mistero”. Questo significa che l’assenza di desiderio non è necessariamente un segnale di disinnamoramento, ma può essere l’effetto di un assetto relazionale troppo prevedibile o simbiotico.
Allo stesso tempo, ci sono relazioni in cui il sesso è ancora presente, ma manca la connessione emotiva: il desiderio, in questo caso, può funzionare da collante o da compensazione. La sessualità, quindi, non è univoca: può spegnersi per motivi individuali (come stress, stanchezza, patologie) o relazionali, ma può anche cambiare forma e restare viva in modi nuovi.
Parlarne apertamente, anche con l’aiuto di un professionista della sessuologia, permette di uscire dalle gabbie del “normale” e di comprendere se si tratta di una fase, di una trasformazione o di un bisogno inascoltato. Come scrive Basson (2001), il desiderio non è sempre spontaneo, ma può essere responsivo e cioè, emergere all’interno di un contesto di cura, sicurezza e stimolazione adeguata.
In definitiva, la sessualità non è sempre il sintomo di un problema né la prova di un amore che funziona: è solo una delle tante dimensioni da esplorare con onestà, curiosità e senza giudizio.
Come affrontare il disinnamoramento senza ferire
Disinnamorarsi può essere doloroso, ma non deve necessariamente trasformarsi in un’esperienza distruttiva per sé o per l’altro. Affrontare il disinnamoramento con rispetto, chiarezza e onestà è possibile ed è una forma di cura relazionale, anche quando ci si sta lasciando.
Secondo la terapeuta Terri Orbuch (2012), la comunicazione aperta e gentile è uno dei fattori che determinano se una rottura avrà conseguenze sane o traumatiche. Parlare dei propri dubbi senza colpevolizzare, esprimere i cambiamenti senza drammatizzarli e dare all’altra persona lo spazio per elaborare sono passi fondamentali per chiudere una relazione in modo maturo.
Anche Susan Anderson (2010), specializzata in abbandono affettivo, sottolinea l’importanza di non inseguire risposte assolute, ma di accogliere l’ambivalenza: è normale non avere tutto chiaro all’inizio. Prendersi il tempo per capire cosa si prova davvero, parlarne con un terapeuta o scrivere le proprie emozioni, può aiutare a trovare parole più autentiche, invece che agire spinte impulsive o evitare il confronto.
A volte si resta nella relazione per senso di colpa, per paura della solitudine o perché si confonde la fine dell’innamoramento con la fine dell’amore. Ma, come afferma la psicologa Harriet Lerner (1997): “evitare il dolore immediato spesso ci porta a infliggere sofferenze molto più grandi nel tempo”.
Disinnamorarsi senza ferire del tutto non è sempre possibile, ma scegliere l’empatia, anche nella separazione, significa onorare il valore della storia vissuta. In certi casi, lasciarsi è l’atto più onesto e rispettoso che si possa fare. E accompagnare questo passaggio con un professionista può evitare che diventi un trauma o una ferita aperta.
Conclusione
Disinnamorarsi non è un fallimento, è una trasformazione. Una fase naturale, per quanto scomoda, dell’esperienza affettiva umana. Non tutte le storie sono destinate a durare per sempre, ma ogni relazione ha il potenziale di insegnarci qualcosa su chi siamo, su come amiamo e su cosa desideriamo davvero.
Come scrive la terapeuta Esther Perel: “non tutte le relazioni finiscono perché qualcosa è andato storto. A volte finiscono perché siamo cresciuti in direzioni diverse.” Riconoscere che i sentimenti cambiano, e che anche questo fa parte dell’amore, è un atto di maturità. Ci libera dalla narrativa binaria del “per sempre o mai più”, e ci invita a costruire legami più autentici, più consapevoli e più rispettosi.
Se senti che qualcosa dentro di te sta cambiando, se la connessione si sta affievolendo, parlare con un professionista può aiutarti a ritrovare chiarezza, a prenderti cura delle tue emozioni e a fare scelte che siano davvero tue, libere da colpe, pressioni o paure. Disinnamorarsi può far male, sì. Ma può anche essere l’inizio di una nuova forma d’amore: verso di sé, verso relazioni più sane, verso la verità delle proprie emozioni.
Bibliografia: Lerner, H. (1997). The Dance of Anger: A Woman's Guide to Changing the Patterns of Intimate Relationships. New York: HarperCollins. | Perel, E. (2017). The State of Affairs: Rethinking Infidelity. New York: Harper. | Sternberg, R. J. (1986). A triangular theory of love. Psychological Review, 93(2), 119–135. | Brown, B. (2012). Daring Greatly: How the Courage to Be Vulnerable Transforms the Way We Live, Love, Parent, and Lead. New York: Gotham Books. | Perel, E. (2017). The State of Affairs: Rethinking Infidelity. New York: Harper. | Levine, T. R. (2003). Love and lies: An experimental test of the prototypical definition of love. Communication Monographs, 70(1), 55–65. | Brody, S., & Costa, R. M. (2009). Satisfaction (sexual, life, relationship, and mental health) is associated with frequency of penile–vaginal intercourse. Journal of Sexual Medicine, 6(7), 1947–1954.
Basson, R. (2001). Using a different model for female sexual response to address women's problematic low sexual desire. Journal of Sex & Marital Therapy, 27(5), 395–403. | Orbuch, T. L. (2012). Finding Love Again: 6 Simple Steps to a New and Happy Relationship. New York: Sourcebooks. | Anderson, S. (2010). The Journey from Abandonment to Healing: Turn the End of a Relationship into the Beginning of a New Life. New York: Berkley. | Lerner, H. (1997). The Dance of Anger: A Woman's Guide to Changing the Patterns of Intimate Relationships. New York: HarperCollins.
Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss: Vol. 1. Attachment. New York: Basic Books. | Fisher, H., Aron, A., & Brown, L. L. (2005). Romantic love: An fMRI study of a neural mechanism for mate choice. Journal of Comparative Neurology, 493(1), 58–62. | Frattaroli, J. (2006). Experimental disclosure and its moderators: A meta-analysis. Psychological Bulletin, 132(6), 823–865. | Keng, S. L., Smoski, M. J., & Robins, C. J. (2011). Effects of mindfulness on psychological health: A review of empirical studies. Clinical Psychology Review, 31(6), 1041–1056. | Norwood, R. (1985). Women Who Love Too Much: When You Keep Wishing and Hoping He’ll Change. New York: Pocket Books. | Slotter, E. B., Gardner, W. L., & Finkel, E. J. (2010). Who am I without you? The influence of romantic breakup on the self-concept. Personality and Social Psychology Bulletin, 36(2), 147–160.