In questo articolo ci concentreremo in particolare sulla sessualità delle persone con disabilità fisica, la disabilità intellettiva e cognitiva, invece, richiede un’attenzione specifica: presenta caratteristiche e complessità proprie che necessitano strumenti educativi adeguati e una riflessione etica più approfondita.
Affrontare il tema della sessualità in questi contesti implica tenere conto della capacità di autodeterminazione, del consenso consapevole e dei percorsi di accompagnamento educativo a lungo termine. Non includere approfonditamente questa dimensione non significa ignorarla, ma riconoscere la necessità di trattarla con la dovuta attenzione in uno spazio a parte. Ogni corpo, ogni mente, ogni esperienza ha diritto alla propria intimità, e l’inclusione passa anche dal saper rispettare le differenze nella complessità che portano con sé.
Secondo l’OMS, oltre 1 miliardo di persone nel mondo vive con una disabilità. Il desiderio, il piacere e il bisogno di intimità non scompaiono con una diagnosi: fanno parte dell’essere umano, a prescindere dal corpo, dalla mente o dalle capacità motorie. Affrontare il tema delle persone con disabilità da una prospettiva inclusiva e realistica significa rompere i preconcetti su disabili e vita sessuale, riconoscere le difficoltà concrete e dare valore alle esperienze intime delle persone con disabilità. Perché vivere una sessualità appagante non è un privilegio riservato, ma un diritto universale che appartiene a tutti e tutte, anche a chi convive con una disabilità.
La sessualità nelle persone con disabilità: una realtà invisibile
Le persone con disabilità non sono asessuate, né tanto meno “eternamente infantili” come alcuni stereotipi vorrebbero far credere. Hanno sogni, desideri, pulsioni, fantasie erotiche. La loro sessualità, però, viene spesso ignorata, negata o infantilizzata, contribuendo a una narrazione parziale e disumanizzante. La convinzione che sessualità e disabilità siano due realtà inconciliabili è radicata nella cultura e nel linguaggio, che tende a descrivere la disabilità solo in termini di mancanza e dipendenza.
In realtà, ogni persona, a prescindere dalla sua condizione fisica o cognitiva, ha diritto a vivere una sessualità libera, autonoma e rispettata. Il desiderio, anche nei corpi con disabilità, esiste eccome: può esprimersi in modi differenti, ma è altrettanto potente, complesso e profondo.
È fondamentale abbandonare lo sguardo medico, che riduce la sessualità alla sola funzione riproduttiva o alla “normalità biologica”, e abbracciare uno sguardo umano, che riconosca la ricchezza dell’intimità e corpo disabile, con i suoi bisogni, i suoi limiti e le sue potenzialità.
Sesso e disabilità: quali sono le vere barriere?
Le barriere più grandi che impediscono l’espressione della sessualità non sono solo fisiche o cognitive, ma anche culturali, sociali ed emotive. Ambienti poco accessibili, letti non adatti, mancanza di privacy o assistenza inadeguata sono ostacoli concreti. Ma le difficoltà maggiori derivano spesso dall’esterno: lo sguardo altrui, il giudizio, la mancanza di informazioni e l’invisibilizzazione del tema.
La società fatica ancora a pensare ai disabili e sesso come a un binomio naturale. Persino le famiglie, i caregiver o i professionisti della salute evitano di affrontare l’argomento, alimentando silenzi che diventano muri. In tutto ciò, l’assenza di un’educazione sessuale inclusiva gioca un ruolo centrale. Secondo uno studio pubblicato su Sexuality and Disability (2021), oltre il 70% dei caregiver dichiara di sentirsi impreparato ad affrontare il tema della sessualità. Senza un’educazione accessibile, personalizzata e non abilista, molte persone con disabilità crescono senza strumenti per esplorare la propria sessualità o comprendere i propri diritti.
Inoltre, i preconcetti su disabili e vita sessuale rendono difficile l’incontro con l’altro: molti partner temono di “fare del male” o non sanno come approcciarsi. Serve più empatia, più formazione, più dialogo. E serve anche riconoscere che disabilità fisica e desiderio non si escludono, ma convivono quotidianamente, anche se in forme diverse.
Relazioni affettive e identità erotica nella disabilità
Avere una disabilità non significa essere soli o sole, al contrario, molte persone con disabilità vivono relazioni affettive stabili, appassionate, profonde. Altre, come chiunque, cercano esperienze occasionali, oppure desiderano esplorare la propria sessualità in modo autonomo, senza per forza “essere in coppia”.
La costruzione dell’identità erotica passa dall’accettazione del proprio corpo e dalla possibilità di sentirsi desiderabili. Molto spesso, le persone con disabilità si trovano ad affrontare una delle barriere più grandi: il pregiudizio degli altri. La disabilità è ancora un tema tabù, e questo porta le persone con disabilità a essere feticizzate, infantilizzate o completamente invisibilizzate. Per questo motivo, la costruzione della loro identità erotica passa spesso attraverso più filtri e ostacoli rispetto a chi non vive una disabilità. Riconoscere tutto questo non significa vittimizzare, ma aprire uno spazio per pensare a una sessualità più inclusiva, giusta e realmente accessibile.
In questo senso, è fondamentale creare spazi sicuri in cui ogni corpo, anche l’intimità e corpo disabile, possa esprimersi senza vergogna. La sessualità, inoltre, non è solo genitalità, è contatto, relazione, emozione, gioco, parola, complicità. Ed è proprio nel contesto relazionale che può emergere una consapevolezza nuova, più ampia e autentica.
Anche qui, parlare apertamente di disabili e sesso, senza filtri e con rispetto, è essenziale per sfidare l’isolamento e promuovere l’autonomia erotica e affettiva.
Il ruolo dell’assistenza sessuale (e il dibattito che ne deriva)
L’assistenza sessuale è un tema complesso, ma sempre più discusso. In alcuni paesi europei, come la Danimarca, il Belgio o la Germania, esistono figure professionali formate per accompagnare le persone con disabilità nell’esplorazione della propria sessualità. L’assistente sessuale è una figura professionale che offre supporto nell’esplorazione del corpo, del piacere e dell’intimità, principalmente a persone con disabilità fisiche, sensoriali o cognitive, ma non solo, può anche lavorare con persone anziane, chi ha subito traumi o vive situazioni di isolamento psicoaffettivo che rendono difficile l’accesso a esperienze corporee ed erotiche.
Non si tratta di prostituzione, ma di un servizio educativo, relazionale e corporeo che aiuta a riconnettersi con il piacere, il lavoro dell’assistente sessuale parte dal presupposto che la sessualità è un diritto umano, anche per chi vive con una disabilità o in condizioni di vulnerabilità.
Negli ultimi decenni, studiosi, attivisti e progetti internazionali hanno contribuito a ridefinire la narrazione sulla sessualità delle persone con disabilità, rompendo stereotipi e aprendo nuove possibilità relazionali, educative ed erotiche.
- Tom Shakespeare: sociologo e bioeticista britannico, è una delle voci più influenti in questo campo. Con il suo libro “Sexual Politics of Disability” (1996, con Davies e Gillespie-Sells), ha introdotto una visione radicalmente nuova: la disabilità non come “limite naturale”, ma come costruzione sociale, anche in ambito sessuale. Shakespeare sottolinea che l’accesso alla sessualità è un diritto umano, e che la negazione del desiderio alle persone disabili è una forma di discriminazione invisibile.
- Max Ulivieri: attivista, formatore e fondatore del progetto LoveGiver, il primo in Italia a promuovere il riconoscimento della figura dell’assistente sessuale per persone con disabilità. È una delle voci più autorevoli e visibili nel dibattito pubblico, politico e mediatico sul diritto alla sessualità per le persone disabili. Il suo impegno ha contribuito a rompere il silenzio e a promuovere l’autodeterminazione erotica.
- Giovanni Merlo: direttore della LEDHA (Lega per i Diritti delle Persone con Disabilità). Ha un ruolo fondamentale nel promuovere i diritti delle persone con disabilità, inclusa la dimensione relazionale ed erotica. LEDHA ha sostenuto iniziative e progetti per l’inclusione affettiva e sessuale.
- Tra i progetti europei, si distingue SEAD – Sexual Education for Adults with Disabilities (Erasmus+), che ha sviluppato materiali e metodologie per promuovere l’educazione sessuale tra adulti con disabilità intellettive. Il progetto si basa su un approccio non abilista e relazionale, favorendo l’autonomia e il diritto alla scoperta del corpo e del desiderio.
Citare e valorizzare queste esperienze aiuta a superare una visione limitata della sessualità nella disabilità, mostrando che un altro sguardo, più umano e rispettoso, è non solo possibile, ma necessario.
Come può aiutare un sessuologo o una sessuologa
Molte persone con disabilità si sentono inadeguate, giudicate o “sbagliate” rispetto all’idea di sessualità imposta dalla società. Un sessuologo o una sessuologa possono offrire uno spazio sicuro per esplorare emozioni, paure, desideri e ricostruire un rapporto positivo con la propria corporeità ed offrire un’educazione sessuale personalizzata.
Attraverso percorsi individuali o di coppia, è possibile lavorare sull’autostima, sulla comunicazione col partner, sul superamento di blocchi emotivi o traumi. Il professionista può anche aiutare a identificare forme alternative di piacere, suggerire tecniche adatte in presenza di limitazioni fisiche, e rafforzare il legame tra disabilità fisica e desiderio.
Inoltre, per chi fatica ad accettare il proprio corpo disabile, la consulenza sessuologica può essere uno strumento potente di riconciliazione, autocompassione e libertà.
Conclusione
Operatori, famiglie, scuole, istituzioni: tutti possiamo fare la nostra parte per rendere visibile l’invisibile. La sessualità appartiene a tutti e tutte, è una dimensione fondamentale dell’identità umana, anche chi convive con una disabilità ha il diritto di amare, desiderare, essere desiderato e vivere relazioni piene. Se hai vissuto difficoltà nell’esprimere il tuo desiderio o nel costruire relazioni intime, un percorso con un professionista può aiutarti a riscoprire il tuo valore e il tuo piacere.
Rompere il silenzio su sessualità e disabilità, sfidare i preconcetti su disabili e vita sessuale e promuovere l’educazione sessuale inclusiva è una responsabilità collettiva. Solo così potremo costruire una società più equa, empatica e libera.
Alessia Di Bari: Laureata in comunicazione. Master in sessuologia. Dottorato in Sessualità Umanistica. Attivista anti grassofobia, per la diversità corporea e fat acceptance. Speaker TEDx e divulgatrice sessuale.