L’asessualità è una delle tante espressioni dell’orientamento sessuale, eppure è ancora poco conosciuta, spesso ridotta a stereotipi o completamente ignorata nel dibattito pubblico. Secondo AVEN (Asexual Visibility and Education Network), si stima che circa l’1% della popolazione si identifichi come asessuale, le persone asessuali non provano attrazione sessuale o la sperimentano solo in determinate condizioni, ma questo non significa che non abbiano affetti, relazioni o desideri profondi.
Molte persone scoprono la propria identità asessuale con il tempo, dopo un percorso di ricerca interiore, spesso costellato da dubbi, confronti e sensazioni di “essere fuori posto”. Dare un nome a ciò che si prova può essere liberatorio, ma anche complesso, specialmente in una società che tende ad associare l’identità personale al desiderio sessuale.
Capire cos’è l’asessualità, cosa significa viverla, quali relazioni sono possibili e perché merita pieno riconoscimento è fondamentale per superare l’invisibilità e creare spazi più accoglienti per tutte le identità.
Cos’è l’asessualità e cosa non è
L’asessualità è un orientamento sessuale in cui una persona non prova attrazione sessuale verso altri individui. Questa definizione può sembrare semplice, ma la realtà è molto più articolata: all’interno dello spettro dell’asessualità, le esperienze variano notevolmente.
All’interno dello spettro asessuale, è utile distinguere tra diversi tipi di attrazione, per comprendere meglio la complessità e la varietà delle esperienze affettive e relazionali:
- Attrazione sessuale: il desiderio di avere rapporti sessuali con una persona. Le persone asessuali, per definizione, non provano (o provano raramente) questo tipo di attrazione.
- Attrazione romantica: il desiderio di costruire un legame romantico o sentimentale con qualcuno. Le persone asessuali possono essere, ad esempio, eteroromantiche, omoromantiche, biromantiche o aromantiche (cioè non provare attrazione romantica per nessuno).
- Attrazione estetica: l'apprezzamento dell'aspetto fisico o dell’estetica di una persona, senza che ciò implichi un desiderio sessuale o romantico. È possibile trovare qualcuno bellissimo senza volerci andare a letto o innamorarsene.
- Attrazione sensuale: il desiderio di condividere contatti fisici non sessuali, come abbracci, carezze, coccole. Anche questo tipo di attrazione può essere presente nelle persone asessuali, a seconda del proprio orientamento e dei propri limiti personali.
C’è chi non prova mai alcuna forma di attrazione sessuale. Altre persone si identificano come demisessuali, cioè provano attrazione solo dopo aver costruito un legame emotivo profondo. Altre ancora si riconoscono nella asessualità grigia o graysessuale, ovvero sperimentano attrazione in modo raro o in circostanze specifiche.
È importante distinguere tra asessualità e astinenza: l’astinenza è una scelta personale di non avere rapporti sessuali, spesso temporanea, mentre l’asessualità è una parte stabile dell’identità di una persona. Allo stesso modo, non va confusa con la repressione del desiderio, la timidezza o la paura dell’intimità. L’asessualità non è una mancanza da colmare, né un sintomo da curare: è una modalità autentica e naturale di vivere la propria sessualità, al pari di qualsiasi altro orientamento.
Inoltre, l’asessualità non esclude la presenza di desiderio in sé: alcune persone asessuali possono provare desiderio sessuale come sensazione fisica, ma non sentirsi attratte da nessuno o nessuna in particolare. Altre possono avere una vita sessuale attiva per scelta, senza che questo contraddica la loro identità.
Comprendere lo spettro dell’asessualità aiuta a superare l’idea rigida e binaria della sessualità come “presente o assente”, e invita ad accogliere la diversità dei vissuti individuali.
Tipi di asessualità e relazioni possibili
Le persone asessuali possono avere orientamenti romantici diversi. Alcune provano attrazione romantica e desiderano relazioni affettive stabili, mentre altre non provano attrazione romantica (aromanticismo). C’è chi vive relazioni tradizionali, chi preferisce modelli alternativi come relazioni queerplatoniche, amicizie intime, reti affettive o famiglie scelte.
- Chi vive relazioni tradizionali: si tratta di relazioni di coppia monogame e romantiche, come quelle più comunemente rappresentate nella nostra cultura: due persone legate da amore, affetto e spesso anche convivenza o progetti di vita condivisi.
- Relazioni queerplatoniche: sono legami affettivi profondi che non rientrano nelle categorie tradizionali di amicizia o relazione romantica. Possono includere gesti di intimità, convivenza o impegni reciproci, ma senza necessariamente implicare attrazione sessuale o romantica. Vengono spesso vissute come relazioni primarie nella vita delle persone coinvolte.
- Amicizie intime: sono amicizie particolarmente strette e significative, caratterizzate da vicinanza emotiva, fiducia e supporto reciproco. In alcuni casi possono includere elementi di intimità fisica o gesti affettivi, ma senza connotazione romantica o sessuale.
- Reti affettive: indicano un insieme di relazioni significative, spesso multiple e non gerarchiche, che costituiscono un sostegno emotivo stabile. Possono includere amici, partner, coinquilini o persone care con cui si condividono spazi di vita e affetto, anche senza un'etichetta specifica.
- Famiglie scelte: sono gruppi di persone che si considerano una famiglia, pur non essendo legate da vincoli biologici o legali. Vengono costruite consapevolmente sulla base di affetto, cura reciproca e supporto, offrendo un senso di appartenenza e stabilità emotiva.
L’asessualità e le relazioni sentimentali non si escludono, le persone asessuali possono desiderare compagnia, costruire relazioni profonde, condividere progetti di vita e affetto. Le relazioni tra persone asessuali e allosessuali possono essere sostenibili quando esistono comunicazione aperta, accordi chiari e libertà da pressioni. In alcuni casi si esplorano modelli come il “mixed-orientation relationship” (MOR), discussi anche in terapia di coppia.
C’è chi sceglie di avere rapporti sessuali, per affetto o per connessione con il partner, e chi preferisce non averne. Entrambe le possibilità sono legittime. Non c’è un modo “giusto” di essere asessuali, ma solo quello che permette a ogni persona di vivere con autenticità.
Miti e pregiudizi da sfatare
“Devi solo trovare la persona giusta”, “È un blocco emotivo”, “È solo una fase, passerà”: sono frasi che molte persone asessuali si sentono rivolgere, spesso con leggerezza, ma che possono generare dolore. Il primo mito da sfatare è che l’asessualità sia temporanea o frutto di una delusione, in realtà è un orientamento riconosciuto e stabile.
Un altro pregiudizio è che chi è asessuale non possa vivere relazioni profonde. Ma l’asessualità riguarda il desiderio sessuale, non la capacità di amare, creare legami, provare empatia o costruire una vita relazionale significativa.
Viviamo in una cultura fortemente centrata sul sesso come misura della felicità, dell’autorealizzazione e del valore personale. In questo contesto, l’asessualità rischia di essere invisibilizzata o svalutata. È importante restituirle visibilità e dignità, dando voce a chi spesso non si sente rappresentato. Ad esempio, il documentario (A)sexual (2011) è una risorsa utile per approfondire e comprendere meglio questo tema.
Asessualità e benessere psicologico
Non sentirsi riconosciuti o riconosciute può influenzare il benessere emotivo. Le persone asessuali possono sentirsi isolate, inadeguate o confuse, soprattutto se cresciute in contesti in cui il desiderio sessuale è considerato essenziale per essere completi. Possono sperimentare forme di minority stress, legate al bisogno costante di spiegarsi, giustificarsi o difendere la propria esperienza in una società che fatica a riconoscere l’assenza di attrazione sessuale come una possibilità legittima. Questa pressione può incidere sul benessere emotivo e relazionale, favorendo vissuti di ansia, isolamento, senso di inadeguatezza, dubbio o colpa.
Studi recenti (Yule et al., 2013) evidenziano che le persone asessuali possono sperimentare livelli più elevati di solitudine e distress psicologico, non per l’orientamento in sé, ma a causa della pressione sociale e dell’assenza di riconoscimento.
Conoscere e dare un nome alla propria esperienza può rappresentare un primo passo verso l’autocomprensione. Ma non sempre è un percorso facile, e a volte può essere utile avere uno spazio di confronto. Il supporto psicologico può offrire ascolto, strumenti e accoglienza, aiutando a esplorare la propria identità senza giudizio.
Riconoscere l’asessualità e l’orientamento sessuale come parte integrante di sé, senza doverlo giustificare, è un passo verso il benessere personale. Ogni identità ha diritto di esistere, essere rispettata e vissuta in modo sereno.
Conclusione
L’asessualità non è un’assenza, ma una delle tante modalità possibili di sentire, amare e costruire relazioni. Non deve essere continuamente spiegata o difesa: deve solo essere riconosciuta per ciò che è. Fare spazio a queste esperienze significa accogliere la diversità umana in tutte le sue forme. Inoltre, il riconoscimento dell’asessualità passa o dovrebbe passare, anche attraverso una maggiore preparazione da parte dei professionisti della salute, affinché ogni identità venga accolta senza patologizzazione né giudizio.
Se senti che l’asessualità ti rappresenta, ma hai vissuto o stai vivendo pressioni, incomprensioni o confusione, parlare con un professionista può aiutarti a comprenderti meglio e a costruire relazioni sane, coerenti con ciò che sei, senza forzature o paure.
Alessia Di Bari: Laureata in comunicazione. Master in sessuologia. Dottorato in Sessualità Umanistica. Attivista anti grassofobia, per la diversità corporea e fat acceptance. Speaker TEDx e divulgatrice sessuale.
Bibliografía: Yule, M. A., Brotto, L. A., & Gorzalka, B. B. (2013).Mental health and interpersonal functioning in self‑identified asexual men and women.Psychology & Sexuality, 4(2), 136‑152.