L’ansia da prestazione è una delle problematiche sessuali più diffuse, che colpisce le persone a prescindere dal loro genere. Per essere precisi: l’ansia da prestazione non è una disfunzione sessuale in sé, né tantomeno una malattia. È piuttosto un fattore trasversale, che può causare o alimentare le disfunzioni sessuali di qualunque tipo (maschili o femminili), o comunque ostacolare la capacità di una persona di godersi i rapporti sessuali. Ma vediamo meglio di cosa si tratta.
Gli effetti dell’ansia sul corpo
Possiamo immaginare il corpo umano come se fosse sempre in una di due modalità in base alle situazioni in cui ci troviamo, che corrispondono all’attivazione di due rami del sistema nervoso autonomo. Quando siamo in ansia o, più in generale, sotto stress (ad esempio perché siamo preoccupati per qualcosa, percepiamo una minaccia o siamo arrabbiati) si attiva il sistema nervoso simpatico che ci mette in una modalità chiamata “attacco e fuga”. Come suggerisce il nome, questo tipo di attivazione ha lo scopo di mobilitarci a combattere la fonte di questo stress o a fuggire da essa. L’ansia porta infatti ad attivare il sistema simpatico.
Questo accade perché l’ansia è una reazione che il nostro corpo ha quando percepisce una minaccia, reale o immaginata. È un sistema che si è evoluto nel corso di migliaia e migliaia di anni, e che ha consentito alla nostra specie di sopravvivere e riprodursi fino ai giorni d’oggi. Immaginiamo un nostro antenato nella savana, che ad un certo punto incontra un leone. In quel momento in lui si innesca la risposta d’ansia. Con essa il suo corpo mette in atto una serie di cambiamenti che lo preparano a fronteggiare la minaccia, combattendo o scappando: ad esempio il suo cuore batte più veloce per far circolare meglio il sangue; i suoi bronchi si dilatano e i suoi respiri si fanno più frequenti così da assumere più ossigeno; il sangue fluisce verso braccia e gambe così da poter scappare (o combattere) meglio; soggettivamente percepiamo un senso di agitazione e il pensiero si fa più rapido.
Viceversa, quando siamo tranquilli si attiva il ramo parasimpatico del sistema nervoso, che ci mette in una modalità chiamata di “riposo e digestione”. Si chiama così perché la funzione di questa attivazione è quella di ricaricare le nostre batterie, accumulando energie. Nel nostro corpo avvengono quindi cambiamenti che sono in buona parte speculari a quelli indotti dall’attivazione del sistema di “attacco fuga”: ad esempio il battito cardiaco e la frequenza del respiro rallentano perché non c’è più bisogno di tutto quell’ossigeno; il sangue defluisce dalle periferie del corpo agli organi interni così da favorire la loro attività, in particolare quella digestiva; fisicamente percepiamo un senso di maggiore calma e rilassatezza e il pensiero rallenta.
Che c’entra questo con il sesso?
A questo punto ti starai chiedendo che cosa c’entra tutto questo con il sesso e con l’ansia da prestazione. Te lo spiego subito. Il funzionamento sessuale è uno di quegli aspetti fisiologici che vengono direttamente influenzati dal sistema simpatico e da quello parasimpatico. Tra i vari cambiamenti che si associano all’attivazione del sistema di “attacco e fuga” c’è infatti anche una temporanea inibizione del funzionamento sessuale, in primis delle reazioni tipiche dell’eccitazione. Dopo tutto in una situazione del genere il sesso non è in cima alla lista delle priorità: meglio risparmiare le energie per fronteggiare la minaccia e rimandare il divertimento ad un secondo momento, quando ci si potrà rilassare (ossia a quando il corpo sentirà di poter attivare la modalità di “riposo e digestione” indotta dal sistema parasimpatico).
Prima abbiamo fatto l’esempio di un nostro antenato di decine di migliaia di anni fa, ma anche nel 2025 noi esseri umani funzioniamo alla stessa maniera. Fortunatamente i leoni non sono più un pericolo, ma non è necessario trovarsi di fronte ad un felino di 200 kg per sentirsi in ansia. Ciò che conta veramente è il fatto di percepire una minaccia, cosa che può accadere in varie situazioni molto più quotidiane: sarà capitato a tutti prima di un esame, di un colloquio o di una prova sportiva, ad esempio, di sentirsi in ansia per il timore di fallire. Lo stesso può accadere durante il sesso.
Come l’ansia da prestazione influenza il funzionamento sessuale
Si parla di ansia da prestazione, dunque, quando una persona vive il rapporto sessuale con preoccupazione e agitazione, e quando queste “ansie” rendono difficile o impossibile eccitarsi (ottenere o mantenere l'erezione, lubrificazione, ecc). Salvo rari casi, l’ansia da prestazione tende a manifestarsi durante il sesso con un partner, piuttosto che in masturbazione. Questo accade perché quando siamo con un partner ci sono molti più fattori in gioco che possono creare pressione e dare adito ad ansie di vario tipo, in genere riconducibili alla paura di deludere l’altro, di fare una figuraccia o di “non essere all’altezza”.
Per le persone di genere maschile spesso queste preoccupazioni riguardano il fatto di non riuscire ad avere o mantenere un’erezione sufficiente alla penetrazione. Molti, infatti, considerano la penetrazione come un elemento fondamentale di un rapporto sessuale (se non addirittura imprescindibile affinché si possa parlare di “sesso”), con il risultato che questa pratica si carica di un significato molto forte e quindi di una pressione significativa. Quando questa pressione è tanta, finisce che il sesso viene vissuto davvero come una sorta di esame o di performance, spesso incentrata sul momento dell’inserimento del pene in vagina o nell’ano: si viene a creare un’ansia da prestazione per la preoccupazione di non riuscire ad avere o mantenere l’erezione, e quindi di non poter “far sesso”, di fare una figuraccia e/o di deludere il partner.
Il problema è che si viene ad instaurare un circolo vizioso, perché: più uno si preoccupa per l’erezione, più forte diventa la reazione d’ansia e, di conseguenza, tanto più il suo corpo va fisiologicamente ad inibire l’erezione e a confermare le preoccupazioni iniziali. Capita frequentemente che, con il tempo, queste preoccupazioni si facciano strada anche “fuori dalla camera da letto”, portando la persona ad evitare i rapporti sessuali. D’altronde nessuno ha voglia di fare qualcosa di spiacevole. Neppure il sesso, se viene vissuto come tale. Per questo l’ansia da prestazione diventa un’ansia anticipatoria, che porta la persona ad evitare di prendere l’iniziativa o di trovarsi in situazioni che potrebbero condurre al sesso.
Molto comune è anche l’ansia da prestazione legata alla durata del rapporto. Culturalmente parlando, il fatto di “durare tanto” durante il sesso viene percepito come un segno di mascolinità, mentre, al contrario, il fatto di “durare poco” è considerato come qualcosa di cui vergognarsi.
Il peso di queste credenze può causare molta ansia, al punto che ogni rapporto sessuale si trasforma in una gara in cui mettersi alla prova per dimostrare a se stessi e/o al partner che si è “abbastanza”. Quest’idea è nata soprattutto nella seconda metà del 20° secolo, quando si è cominciato a dare più attenzione al piacere femminile. Si pensi che prima neanche esistevano i concetti di “eiaculazione precoce” o “anorgasmia femminile”. È fisiologico che, in media, le donne impieghino più tempo a raggiungere l’orgasmo rispetto agli uomini (senza considerare il fatto che solo una donna su tre riporta di riuscire a raggiungerlo durante la penetrazione vaginale senza una stimolazione diretta del clitoride), per cui per questi ultimi diventa necessario un certo grado di controllo.
L’ansia da prestazione può essere anche un problema femminile
Non bisogna però pensare che l’ansia da prestazione sia un problema esclusivamente maschile. Tante persone di genere femminile o che si identificano in altre identità sessuali raccontano di situazioni che potrebbero far pensare all’ansia da prestazione. Per chi ha una vulva le manifestazioni sono in genere meno eclatanti (se confrontate all’eiaculazione o alla perdita dell’erezione), pertanto possono anche passare inosservate. Ciononostante, possono creare non meno disagio o preoccupazioni.
Solitamente può esserci una difficoltà nell’eccitarsi e nel raggiungere un sufficiente lubrificazione, essenziale per la penetrazione (con dita, toys o pene) e senza la quale questa diventa sgradevole, se non proprio dolorosa. Anche in questo caso può prendere vita un circolo vizioso in cui la persona, temendo che possa ripresentarsi una difficoltà durante il rapporto, si agita e si preoccupa rendendo più probabile la comparsa di difficoltà e problemi.
Anche la possibilità di provare piacere risente dell’ansia da prestazione, sia che si parli di peni, sia che si parli di vulve. Se la nostra testa è piena di preoccupazioni e pensieri negativi, non c’è spazio per il piacere.
Come superare l’ansia da prestazione
Se riconosci alcuni di questi meccanismi nella tua esperienza personale, la buona notizia è che non sei solo o sola e che l’ansia da prestazione può essere affrontata con successo. Il modo più efficace per comprendere le proprie difficoltà e trovare soluzioni personalizzate è rivolgersi a un sessuologo. Con l’aiuto di un professionista specializzato potrai interrompere i circoli viziosi che alimentano l’ansia, riscoprire la serenità nei rapporti sessuali e coltivare una sessualità più libera e appagante.
Un sessuologo può fare davvero la differenza, perché offre uno spazio sicuro in cui parlare senza giudizio delle proprie paure e difficoltà, aiutando a riconoscere i meccanismi che mantengono l’ansia viva e a interromperli. Il supporto professionale permette di comprendere meglio la propria sessualità, di ridurre la pressione legata alla performance e di costruire nuove modalità di vivere il piacere, sia individualmente sia nella relazione di coppia. Rivolgersi a un esperto non significa “avere un problema grave”, ma scegliere di prendersi cura della propria vita sessuale in modo consapevole e costruttivo.
Gioele Salvatori: psicologo a orientamento cognitivo-comportamentale e sessuologo clinico. Si occupa di difficoltà inerenti alla sfera sessuale e relazionale, oltre che di dipendenza affettiva e ansia sociale.